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Il bambino dislessico
La dislessia è un disturbo che si manifesta con un'evidente difficoltà nel leggere e nello scrivere, provocata dall'incapacità di riconoscere le parole. Questa incapacità può avere una causa genetica, ma più frequentemente può essere imputabile a strabismo, alla scarsa attenzione o a sottostanti cause psicologiche. La dislessia non è una malattia invalidante, eppure sortisce effetti fastidiosi colpendo i bambini in età scolare ed è in crescita, essendosi diffusa dal 2% al 12 % in 20 anni.
L'incapacità di leggere, in età scolare, può portare a gravi conseguenze sull'equilibrio psicologico del bambino, in quanto egli tende a sottostimarsi, isolandosi e perdendo la voglia naturale dell'apprendere. Fortunatamente, questa è una favola a lieto fine. La dislessia, infatti, si cura facilmente e non lascia segni; anzi, spesso chi è stato dislessico da bambino ed è stato curato, risulta avere una intelligenza più acuta del normale. Qualche esempio? Kennedy, Leonardo e Einstein sono stati tutti bambini dislessici. È fondamentale però intervenire con tempestività.
Solitamente ci si accorge abbastanza precocemente se il bambino è dislessico, poiché ci sono sintomi ben specifici, quali il mancato utilizzo della punteggiatura, la confusione della sinistra con la destra, l'inversione di lettere e numeri a due cifre. Quando questi sintomi sono evidenti e capitano spesso, è opportuno far visitare il bambino da un logopedista. L'esame al quale sarà sottoposto consisterà nella costruzione di frasi di senso compiuto, nel posizionare degli oggetti al proprio posto e, se già frequenta la scuola, nella lettura di una favola e nella scrittura di frasi sotto dettatura. A seconda dei risultati del test, il logopedista farà la diagnosi e penserà ad una terapia adeguata.
Le terapie tradizionali si presentano sotto forma di esercizi di stimolo dell'udito, vista e percezione contemporaneamente, donandogli così anche una maggiore sicurezza in se stesso. La terapia più recente, invece, si chiama realtà uditiva virtuale e viene praticata con l'ausilio di cuffie. Attraverso questo meccanismo, il bambino ascolta una favola in cui suoni e voci dei personaggi hanno toni diversi, in modo da sembrare alcuni vicini, altri lontani, altri a distanza più ravvicinata. Questa tecnica permette al cervello del bambino di “allenarsi” a percepire quello che giunge ad un orecchio e quello che giunge all'altro, costruendo un nuovo equilibrio.
L'importante, in ogni caso, è che le terapie siano come un gioco. Il bambino, in questo modo, le affronterà con più entusiasmo, non si annoierà ed otterrà migliori e più rapidi risultati.
Fonte: http://benessere.paginemediche.it/it/
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