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Lessico e disabilità: alcune riflessioni
Vorrei dire a Valentina Paoli (con la quale mi sono spesso scontrato per le sue lungaggini arruffate e non concise) di essere meno prolissa. Nemmeno per me è solo la parola che conta, ma anche il pensiero che si intende esprimere come afferma Valentina, ma essa, mi pare, non accetta i suoi limiti, li vuole scavalcare senza affrontare la realtà.
Io, giornalista pubblicista – e sordo come Valentina - ho sempre creduto che a buoni intenditori dovrebbero poter bastare poche parole. La tesi estesa è utile all’esame di laurea, anche per mostrare implicitamente quello che non si è magari ben capito. Ma dopo – e il “dopo” lo è ormai anche per la Paoli -è necessario essere sintetici, non arrampicarsi sugli specchi quasi a dire: “vedete come sono brava?”, i giudizi li devono dare gli altri.
Beh, complimenti in ogni caso a Valentina per la sua erudizione, ma in quanto alla riflessione sugli eufemismi dietro i quali si vorrebbe nascondere la realtà e quindi che « …siano pochi i termini precisi e "scottanti" che indicano in modo diretto e poco diplomatico realtà scomode… » sarei d’accordo, ma contesto il guazzabuglio di perifrasi per arrivare poi ad affermare che «… è il contesto, non la parola in sé, che determina gran parte del significato nella comunicazione verbale e scritta…», qui bastava precisare la “comunicazione”, senza l’eufemistico “verbale”, poichè i sordi possono eventualmente usare anche un modo di esprimersi non verbale, “diverso”, ma se è acculturato cosa cambia? Anche la Lingua dei Segni Italiana, LIS, favorisce la comunicazione e arricchisce la Cultura.
Cordialità e Buon 2012
Marco Luè
Lessico e disabilità: alcune riflessioni – di Valentina Paoli
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